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Omeopatia in pericolo ?
Con la pubblicazione
in data 14 settembre sulla Gazzetta
Ufficiale del DECRETO-LEGGE 13
settembre 2012, n. 158 Disposizioni
urgenti per promuovere lo sviluppo
del Paese mediante un
piu' alto livello di tutela della
salute ,si crea una condizione che
rischia di distruggere
il settore della medicina omeopatica
ed antroposofica in Italia.
Infatti con l’articolo 13 viene
stabilito che per ogni autorizzazione
all’immissione in commercio
(AIC) di un medicinale il titolare
della produzione debba versare annualmente
all’AIFA un diritto di
1000,00 Euro, secondo quanto stabilito
nell’articolo 4 comma 5 del
decreto del Ministro della
salute del 29 marzo 2012 n.53 che
recita: “ In applicazione dell'articolo
17, comma 10, lettera d),
del decreto-legge 6 luglio 2011, n.
98, convertito, con modificazioni,
con la legge 15 luglio 2011,
n. 111, e' introdotto, per ciascuna
autorizzazione all'immissione in commercio
(AIC) in corso di validità,
un diritto annuale di euro mille (1000,00)
a carico di ciascun titolare. Tempi
e modalità' per la corresponsione
del diritto annuale sono fissati con
delibera del consiglio di amministrazione.”
Il fatturato del mercato omeopatico
italiano è approssimativamente
di 170.000.000 di euro.
Le ref erenze sono circa 32.000, per
cui il costo da sostenere per il comparto
produttivo omeopatico
ammonterebbe a 32.000.000 Euro.
Quello omeopatico è un mercato
caratterizzato dalla presenza di numerosissimi
prodotti,
corrispondenti alla logica della cura
individualizzata sul paziente, in
costante crescita ogni anno,
che in buona parte vengono venduti
in piccoli o piccolissimi lotti, fatta
eccezione per alcuni prodotti
di più ampia prescrizione.
Potremmo arrivare a dire che nella
maggior parte dei casi i medicinali
omeopatici presentano le caratteristiche
dei farmaci orfani.
Questo differenzia completamente il
mercato omeopatico da quello della
farmaceutica
convenzionale, nella quale un’azienda
ha invece un numero ridotto di referenze,
che vende in
grandissima quantità, con fatturati
elevatissimi, per cui il diritto annuale
preteso ha un impatto
totalmente differente sulla situazione
economica dell’azienda stessa.
Una tabella sintetica può essere
d’aiuto per comprendere.
Frequenza annuale di Principi omeopatici
Prescrizione prescritti
frequentemente utilizzati 30
mediamente utilizzati 100
bassa utilizzazione 1120
Pochissimi principi omeopatici (ad
esempio Arnica, Aconitum, etc indipendentemente
dalla potenza
e dalla forma farmaceutica) sono molto
e mediamente prescritti (+80% delle
prescrizioni), mentre
moltissimi altri rimedi sono prescritti
in frequenza molto ridotta
.
Per le aziende omeopatiche, sostenere
i costi di mantenimento della registrazione
di così tanti
rimedi, per ricavi molto bassi, è
una sfida impossibile. E pensare che
tutte le farmacie d’Italia
possano fornirsi di tutte queste materie
prime diluizioni e forme farmaceutiche
è ancora più arduo.
Quali scenari si possono prevedere
con l’approvazione di questo
decreto?
PER LE AZIENDE PRODUTTIVE OMEOPATICHE:
a - riduzione del numero delle referenze,
quindi dei prodotti disponibili, con
abbandono dei
prodotti meno richiesti
b- obbligo di aumentare il prezzo
dei prodotti che restano disponibili
c- contrazione dello sviluppo aziendale
fino al rischio reale di chiusura
dell’azienda
PER I PAZIENTI
A - impossibilità a reperire
il medicinale individualizzato prescritto
dal medico
b- aumento dei costi dei medicinali
disponibili, che restano comunque
a totale carico del
paziente stesso
c - necessità del ricorso all’acquisto
tramite internet dall’estero,
dopo che per decine di anni gli
stessi rimedi sono stati presenti
in Italia senza provocare danni.
3- PER I MEDICI
a- non disponibilità dello
strumento terapeutico necessario ai
loro pazienti, quindi impossibilità
ad esercitare la terapia per la quale
hanno acquisito una specifica competenza.
del singolo e di cura da parte dei
medici, riconosciuto nell’art.
32 della Costituzione.
Quali possibili soluzioni?
Innanzi tutto eliminare il versamento
annuale di 1000 Euro, inadeguato alla
realtà produttiva
omeopatica.
In secondo luogo rivedere le modalità
di registrazione rifacendosi alle
esperienze di paesi europei
dove la tradizione omeopatica è
più consolidata e l’atteggiamento
delle autorità più aperto,
come
Francia e Germania, dove la comprensione
di questa difficoltà è
stata integrata nelle leggi. Ad
esempio in Francia la soluzione al
problema dei piccoli rimedi è
stata di permettere alle f armacie
di
far ricorso alle aziende produttrici
per la preparazione dei rimedi presenti
in Farmacopea, senza che
questi debbano essere necessariamente
muniti di una autorizzazione all’immissione
in commercio,
considerandoli come farmaci officinali
preparati in un'industria. In Germania
invece questa
problematica è stata risolta
definendo una quantità limite
di 1000 unità all’anno
al di sotto della
quale il rimedio non deve avere un’autorizzazione
all’immissione in commercio,
ma una semplice
notifica presso le autorità
sanitarie.
E’ necessario, che così
come in Germania ed in Francia, anche
in Italia, terzo paese d’Europa
per pazienti omeopatici, le autorità
trovino una soluzione adeguata.
Bisogna prevedere norme specifiche
per le singole medicine che si vanno
a normare, nel rispetto dei
diversi epistemi e delle differenti
caratteristiche, perché la
reale integrazione passa attraverso
il
riconoscimento e la valorizzazione
delle differenze, non nel loro appiattimento
e nell’assimilazione
del più debole da parte del
più forte.
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