Occasione mancata o colpo basso,
la decisione è comunque
chiara e allontana nel tempo la
definizione di un quadro normativo
europeo moderno e coerente in
materia di medicinali omeopatici
e antroposofici. Questo il fatto
nudo e crudo. Il Parlamento europeo,
riunitosi in seduta plenaria il
17 dicembre 2003, ha respinto,
in seconda lettura, gli emendamenti
proposti per suddetti prodotti.
Presentati con l’obiettivo
di ovviare ad alcuni problemi
individuati nelle direttive già
emanate in materia e di armonizzare
il mercato europeo. L’ECHAMP
(European Coalition for Homeopathic
and Anthroposophic Medicinal Products),
l’associazione che riunisce
la maggioranza dei produttori
europei del settore, l’ha
definita una decisione molto grave
e ha stigmatizzato il “sacrificio”
che penalizzerà, in primo
luogo, i 110 milioni di Europei
che utilizzano questi medicinali.
Nel comunicato stampa diramato
per l’occasione si parla
di una soluzione di compromesso
imposta da una scala di priorità
di ordine politico più
generale nella quale, evidentemente,
i medicinali omeopatici hanno
fatto la parte di Cenerentola.
La battaglia si è giocata
intorno alla revisione della legislazione
sul farmaco avviata dalle istituzioni
comunitarie da qualche anno. Cerchiamo
di ripercorrerne le tappe e ricostruire
l’ambiente in cui tali decisioni
sono maturate. Le direttive del
1992 I prodotti della medicina
non convenzionale, che siano omeopatici,
antroposofici e fitoterapici,
sono presenti da oltre un secolo
in molti Paesi europei. Che si
tratti di una realtà consolidata
e in crescita è un dato
di fatto. Li utilizza, infatti,
circa l’80% della popolazione
di Eurolandia, sebbene in contesti
e con cifre che variano da uno
Stato all’altro. Disomogenee
sono anche le modalità
di registrazione per i medicinali
omeopatici: esistono 15 differenti
procedure nazionali, che rispondono
a richieste diverse. Nel 1992
l’Europa aveva approvato
due direttive in materia, la 73/92
e la 74/92, una sui medicinali
omeopatici per uso umano, l’altra
su quelli per uso veterinario.
Quei provvedimenti vennero implementati
nei vari Paesi europei e in Italia
ciò avvenne nel 1995. In
questo modo si cercava di affrontare
sul piano regolatorio la specificità
di questi prodotti, che non potevano
essere assimilati a quelli convenzionali.
Era già chiaro che le direttive
comunitarie sui medicinali in
genere, emanate dal 1965 in poi,
erano inadeguate ai medicinali
omeopatici per un’ampia
serie di caratteristiche tecniche
e di modalità d’impiego.
A titolo puramente esemplificativo,
l’impossibilità di
dimostrare la presenza di principi
attivi in misura ponderale, oppure
l’uso individualizzato,
che non facilita certo l’applicazione
dei protocolli sperimentali formulati
per dimostrare l’efficacia
terapeutica dei medicinali. «Per
questi prodotti è impossibile
ottenere un’autorizzazione
piena di immissione in commercio
- obietta Giancarlo Buccheri,
presidente della Federazione Internazionale
delle Associazioni Mediche Antroposofiche,
già membro della Commissione
nazionale per i farmaci non convenzionali
- Impossibile perché sono
necessarie le prove farmacologiche
e tossicologiche cliniche che
richiedono lo studio randomizzato
e controllato, una procedura difficile,
se non impossibile, da effettuare
nel contesto di cui parliamo.
Vuoi per l’impostazione
di queste medicine, dove l’individualizzazione
del trattamento è imprescindibile,
vuoi per ragioni di tipo etico.
Per un medico antroposofico, ad
esempio, è inammissibile
che un suo paziente non assuma
un verum bensì un placebo».
Si decise dunque di stabilire
procedure di registrazione semplificata.
Ciò doveva servire in buona
sostanza ad assicurare la disponibilità
dei medicinali purché,
ovviamente, fossero di buona qualità
e garantissero un buon margine
di sicurezza. «L’implementazione
di quelle direttive è avvenuta
però in modo molto lacunoso
- continua Buccheri -
Per due ragioni principali: da
una parte perché è
prevalsa un’applicazione
restrittiva dei provvedimenti,
dall’altra per l’evidente
disomogeneità del procedimento
attuativo nei diversi Stati membri».
La prima palese restrizione riguardava
l’esclusione dalla procedura
di registrazione semplificata
di tutte le forme farmaceutiche
per uso parenterale e delle cosiddette
basse potenze, comprese tinture
madri e gemmoderivati che molti
medici utilizzano nell’attività
professionale. Precisa Valentino
Corradi dell’Acqua, consigliere
ECHAMP: «Quella direttiva
era nata monca e carente in moltissime
parti, ad esempio per quanto concerne
l’inserimento di nuove materie
prime. C’era poi il problema
della registrazione semplificata,
inutilmente bloccata per molte
forme farmaceutiche e diluizioni.
Quel blocco è insensato
anche dal punto di vista tecnico,
visto che per le basse potenze
si utilizzano, se necessario,
diluizioni più alte per
qualsiasi forma di registrazione,
mentre per sostanze di uso assolutamente
comune ciò non avrebbe
alcun senso. Le forme di somministrazione
soffrono, infine, del principio
normalmente utilizzato per il
farmaco per il quale la forma
iniettiva è considerata
invasiva e bisogna dimostrarne
la maggiore efficacia rispetto
ad altre forme farmaceutiche».
Una decisione grave La direttiva
presentava dei limiti anche in
vista dell’armonizzazione
del mercato europeo, continua
Corradi dell’Acqua: «Era
quanto di meno europeo si potesse
riscontrare. In assenza di un
mutuo riconoscimento fra le realtà
nazionali, si lasciava, fra l’altro,
a ogni Stato la possibilità
di emanare norme proprie per la
registrazione dei medicinali omeopatici
con indicazioni terapeutiche».
Il risultato? Una situazione tutt’altro
che armonica in cui gli Stati
membri potevano interpretare e
applicare le norme con un grande
margine di autonomia. «Con
la conseguenza che dove esisteva
una tradizione consolidata tutto
è continuato come prima,
mentre in altri Stati le norme
vennero, e vengono, tuttora applicate
in modo molto restrittivo. In
alcuni Stati, infine, non sono
mai state applicate», spiega
Buccheri. Il quadro era particolarmente
critico in quei Paesi che non
disponevano di una legislazione
nazionale in materia, precedente
l’entrata in vigore della
direttiva, come Spagna, Olanda
o Finlandia. In questo contesto
si è affermata l’esigenza
di cambiare registro, nell’ambito
di una più generale revisione
delle direttive comunitarie riguardanti
il settore farmaceutico. Nel 2001
venne emanata la direttiva 2001/83,
che riuniva in un testo tutte
le direttive precedenti. Per i
medicinali omeopatici e antroposofici
si trattava, in primo luogo, di
ampliare le possibilità
di registrazione semplificata,
includendo tutte le forme farmaceutiche
e le basse potenze. Iniziava un
iter tortuoso che è approdato
nel pasticcio del 17 dicembre
2003. In realtà, per come
si era sviluppato il dibattito
a livello comunitario, un esito
così sconfortante non era
prevedibile né scontato.
«Mentre la commissione di
Bruxelles aveva tenuto sempre
un atteggiamento di basso profilo
- chiarisce Buccheri - il Parlamento
nel 2002 si era spinto più
avanti, prevedendo una più
ampia possibilità di ricorso
alla registrazione semplificata,
anche per le forme farmaceutiche
per uso parenterale, e obbligando
gli Stati membri a una più
attenta osservanza delle norme.
Ad esempio, era stato reso vincolante
il fatto che le procedure necessarie
per l’autorizzazione all’immissione
in commercio, le dimostrazioni
di qualità, sicurezza ed
efficacia dei medicinali, fossero
consone alle caratteristiche della
medicina omeopatica e antroposofica
e si introduceva il principio
che le registrazioni e autorizzazioni
ottenute in uno Stato membro fossero
valide in tutta Europa».
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All’inizio
di dicembre 2003, la commissione
Ambiente del Parlamento europeo
aveva approvato alcuni degli
emendamenti migliorativi. «Si
trattava degli stessi emendamenti
votati dai membri del Parlamento
in prima lettura - racconta
Bettina Appel, dell’Ufficio
stampa di ECHAMP - Purtuttavia,
prima del voto finale e precisamente
il 16 dicembre, le tre parti
coinvolte e cioè il Parlamento,
il Consiglio e la Commissione
hanno concordato una soluzione
di compromesso, assolutamente
contraria all’omeopatia».
In pratica il Parlamento europeo
non solo si è rimangiato
le proposte di cambiamento espresse
l’anno prima, ma, accogliendo
le raccomandazioni del Consiglio
dei Ministri, ha respinto persino
gli emendamenti approvati da
poco in sede di Commissione
parlamentare. «Con una
decisione inappellabile, che
rinvia di molti anni eventuali
provvedimenti migliorativi»,
commenta Buccheri. Quali sono
le ragioni di questo improvviso
voltafaccia, calato come una
doccia tanto più fredda
in quanto inattesa? «È
difficile dire, senza voler
fare dietrologia, come si sia
sviluppato il meccanismo che
ci ha punito - afferma
Corradi - ma la decisione
è molto grave, perché
non consentirà all’omeopatia
di svilupparsi con la solidità
di cui avrebbe bisogno. In questo
modo si è persa una grossa
occasione per fare chiarezza
sul settore, che aveva bisogno
di una normativa adeguata».
Una chiave di lettura arriva
dal fatto che era in gioco la
revisione di tutte le direttive
europee sul farmaco e dunque
sul tappeto c’erano problemi,
e dimensioni economiche, di
ben più ampio respiro.
Il settore dei medicinali omeopatici
e antroposofici, benché
in crescita, non è certo
paragonabile all’industria
del farmaco generale, «ed
è evidente - continua
Corradi - che in fase di trattativa
fra Consiglio dei ministri e
Parlamento, quest’ultimo
abbia preferito cedere sull’omeopatia».Un
ruolo di punta l’ha svolto
la presidenza semestrale italiana,
assumendo una posizione nettamente
contraria all’omeopatia.
«L’Italia, durante
la presidenza semestrale, ha
remato contro - dice Buccheri
- e lo documentano diverse
azioni. Ma la cosa più
sgradevole è stata vedere
quei parlamentari che avevano
votato a favore dell’omeopatia
in Commissione Ambiente fare
il contrario in seduta plenaria.
Con un trasformismo comune ai
vari schieramenti politici».
Qualcuno ha chiamato in causa
le pressioni dell’industria
farmaceutica convenzionale.
«Più che parlare
di un’azione contraria
vera e propria - precisa
Buccheri - è più
corretto dire che l’industria
farmaceutica ha voluto evitare
che il Parlamento riprendesse
il voto positivo della Commissione
Ambiente. Infatti, ciò
avrebbe causato l’allungamento
delle procedure necessarie per
l’approvazione della direttiva
generale». Sullo sfondo
c’è l’imminente
allargamento dell’UE previsto
per maggio di quest’anno.
Entro quella data entreranno
a far parte dell’Unione
altri 10 Paesi, in particolare
quelli dell’Europa orientale
dove l’industria farmaceutica
convenzionale non è ancora
penetrata. Di fronte a sfide
di così ampia portata,
la questione dei medicinali
omeopatici è stata messa
da parte. A questo punto le
prossime tappe sono la pubblicazione
della direttiva e il suo recepimento
nelle legislazioni nazionali.
Scenari e prospettive Con questa
decisione si torna dunque al
punto di partenza. Persa l’occasione
di compiere un effettivo salto
di qualità, si vola basso.
«Le conseguenze negative
sono diverse - argomenta
Appel - Fra queste segnaliamo
l’obbligo di apporre in
etichetta la scritta “prodotto
omeopatico senza indicazioni
approvate”, la restrizione
della registrazione semplificata
alle preparazioni orali ed esterne,
mentre manca ancora l’obbligo
per gli Stati membri di definire
regole appropriate per le autorizzazioni
alla commercializzazione ».
Tutto ciò, peraltro,
è in netta controtendenza
con la realtà sociale
delle medicine non convenzionali
e dell’omeopatia, sempre
più richieste dal pubblico,
con lo sviluppo della ricerca,
che esibisce risultati molto
incoraggianti, con la crescita
economica del settore. In questo
scenario, se non caotico quanto
meno disomogeneo, non è
facile elaborare programmi per
il futuro. Le prospettive sono
incerte, anche perché,
commenta Corradi, «i tempi
delle normative europee sono
molto lunghi e ottenere un’ulteriore
variazione significa attendere
molti anni. Nel frattempo si
rischia di uccidere ciò
che c’è sul mercato,
in sostanza di uccidere l’omeopatia
». Altrettanto drastica
è l’opinione di
Buccheri:«Oltre la metà
dei medicinali omeopatici e
antroposofici rischia di sparire
dalla circolazione e nessun
nuovo medicinale in bassa potenza
o somministrato per via parenterale
potrà essere registrato.
La situazione non è grave,
ma gravissima, soprattutto per
quegli Stati membri privi di
una legislazione nazionale che
copra i medicinali omeopatici
e antroposofici immessi sul
mercato prima dell’entrata
in vigore delle norme UE (31-12-93).
Lì davvero si rischia
di non avere a disposizione
nessuno di questi medicinali,
se non in alta potenza e somministrati
per via orale o esterna».
L’Echamp vuole comunque
indicare un barlume di speranza
quando, nel bollettino del febbraio
2004, accenna a qualche “risultato
positivo” portato a casa
e soprattutto alla «possibilità
di una procedura di mutuo riconoscimento
permedicinali omeopatici a registrazione
semplificata », che era
una delle richieste avanzate
dal mondo omeopatico. Tutto
ciò non dovrebbe avere
ripercussioni in Italia, almeno
per qualche anno. Nel nostro
Paese vige una legge in base
alla quale quanto esiste già
sul mercato sarà soggetto
a registrazione semplificata.
In virtù del “congelamento”
previsto da varie leggi finanziarie,
lo status quo dovrebbe mantenersi
fino al 2008. Ciononostante,
la cautela è d’obbligo.
«Bisogna valutare attentamente
che, approfittando di quanto
è avvenuto a livello
europeo, non ci siano colpi
di mano nell’atto del
recepimento», avverte
Corradi. Il Ministero della
salute italiano ha già
espresso in vari modi una posizione
contraria alle medicine non
convenzionali e ciò è
fonte di preoccupazione nel
settore. «Si stanno valutando
eventuali iniziative e si prevede
soprattutto di agire sul piano
della comunicazione, per divulgare
e spiegare cosa è accaduto,
e sulla Commissione per cercare
di ottenere delle aperture attraverso
mezzi di tipo regolamentare»,
spiega Corradi. Quali riflessioni
si possono trarre da questa
vicenda? «Cercheremo di
stringere rapporti più
stretti con le autorità
regolatorie nazionali, in modo
che il contesto in cui le aziende
operano quotidianamente sia
adattato alle specifiche esigenze
dei prodotti omeopatici e antroposofici
- spiega Appel - Si tratta,
in buona sostanza, di convincere
le autorità politiche
e gli enti regolatori a introdurre
regole specifiche per la commercializzazione
di questi prodotti, facendo
riferimento alle buone norme,
appropriate, di altri Paesi
della UE. L’Echamp continuerà
la sua battaglia per ottenere
un’adeguata legislazione
per i medicinali omeopatici
e antroposofici e farà
tutto il possibile perché
per essi continui a esistere
un mercato europeo». Pungenti
le conclusioni di Buccheri:«Prima
di tutto dobbiamo impegnarci
di più a livello nazionale
per rafforzare le medicine complementari,
anche con il coinvolgimento
dei pazienti, cosicché
in futuro i nostri rappresentanti
istituzionali in Europa possano
portare un messaggio diverso.
Non deve esserci più
spazio per giochi politici segreti
fatti a porte chiuse».
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