LYCOPODIUM CLAVATUM

Caratteristiche: pianta dotata di fusto strisciante, attorniato da foglie strettissime. Le spighe degli sporangi sono in numero di due tre situate alla sommità di un fusto foglioso. Pianta crittogama, il licopodio non porta fiori. La riproduzione avviene mediante spore contenute negli sporangi, che sono portati dalle foglie. Questi hanno un colore giallino e maturano in estate. La pianta può raggiungere un metro di lunghezza.

Habitat: il licopodio cresce allo stato spontaneo nei luoghi freschi, nei pascoli, nelle radure boscose delle Alpi e degli Appennini, dall'alta collina fin oltre i 2000 metri di quota.

Raccolta: si utilizzano le spore raccolte quando lo sporangio è maturo, ossia in estate. Questo, staccato, lascia cadere una polvere sporifera che vien fatta rapidamente essiccare. La conservazione avviene in luogo asciutto in un vasetto di vetro ben chiuso.

Avvertenze: a contatto con il fuoco la polvere di licopodio brucia fiammeggiando.

Proprietà: la polvere di spore che si ottiene da questa pianta si usa nel caso di dermatiti essudative ed irritazioni cutanee in genere. Contiene un olio essenziale, sali minerali, cellulosa, lipidi e protidi.

Curiosità: il licopodio non trova impiego in cucina. In campo estetico la sua polvere può essere distribuita sulle pelli arrossate a come il talco poiché ha un effetto calmante. Inoltre, a causa della sua proprietà combustibile un tempo veniva adoperata per confezionare fuochi artificiali. Questa caratteristica gli ha meritato presso il popolo il nome di Erba Strega, poiché la variopinta fiammata prodotta dalla polvere sporifera all'ingenuo poteva sembrare davvero miracolosa.

Il genere Lycopodium appartiene anche alle piante psicoattive, piante usate presso alcune popolazioni autoctone del Madagascar.
Si fa riferimento essenzialmente a un articolo di un autore francese, ignorato dalla letteratura specialista inerente i vegetali psicoattivi.
L'articolo, scritto da Pierre Boiteau, fu pubblicato nel 1967 nei Comptes Rendus de l'Académie des Sciences di Parigi, con il titolo «Sur deux plantes autochtones de Madagascar utilisées à la manière du Chanvre comme stupéfiant» («Su due piante autoctone del Madagascar utilizzate nella maniera della canapa come stupefacente»).
La prima pianta riportata da Boiteau (1967) viene nominata nella lingua malgascia (dialetti merina,
bezonozano e sihanaka) con il termine tsilaky e viene usata come droga psicoattiva soprattutto nella regione orientale dell'Imerina (sotto-prefetture di Manjakandriana e Anjozorobe), nella regione dei Bezanozano e nella regione orientale del lago Alaotra. La pianta è stata identificata come Lycopodium gnidioides L., della famiglia delle Lycopodiaceae. Essa sembra essere piuttosto comune in quelle regioni; cresce come epifita sui tronchi degli alberi nelle foreste, a un'altitudine di
1000-1500 m. La pianta viene raccolta e seccata all'ombra; possiede un odore aromatico e un sapore amaro. Gli indigeni la fumano, ottenendo in tal modo una «ebbrezza accompagnata da allucinazioni oniriche che ricordano quelle provocate dalla canapa indiana» (Boiteau 1967).
Numerose specie di licopodio sono considerate tossiche. Christian Rätsch (1998) ha recentemente posto l'attenzione su alcune specie dalle sospette proprietà psicoattive. Nel curanderismo nord- peruviano vengono impiegate dai guaritori parecchie specie di licopodio come farmaci, amuleti vegetali e additivi nella bevanda di San Pedro (Trichocereus pachanoi). Forse il Lycopodium sp. aumenta anche la psicoattività della bevanda di San Pedro. Un raccoglitore-venditore di piante di Trujillo riferì di una specie di licopodio che veniva utilizzata per migliorare la «vista visionaria». Un raccoglitore-venditore di piante al «mercato delle streghe» di Chiclayo riferiva nel giugno 1997 che il condoro, che Rätsch determinò come L. magellanicum, ha effetti psicoattivi, specialmente in associazione con Trichocereus pachanoi. Forse anche in Cile è conosciuto un impiego psicoattivo dei Licopodi o questi possono essere stati un tempo utilizzati come tali (Rätsch 1998).

Lycopodium clavatum L. ed altre specie di Licopodio spontanee in Europa sono popolarmente conosciute con diversi nomi, che indicano un antico impiego in rituali pagani e presentano una forte associazione con le streghe: erba, farina o polvere degli spiriti o delle streghe; muschio dei serpenti, artiglio del diavolo, cenere del diavolo, inquietudine. Le spore vengono chiamate farina delle streghe, farina degli spiriti o polvere di fulmine, di strame o di muschio (Rätsch 1998). Le plantule di L. clavatum sono state utilizzate in Europa sin dall'antichità come stomachiche e diuretiche;

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impiegate anche nella cura del reumatismo articolare e dei disturbi epatici e vescicali, l'azione diuretica pare essere dovuta alla presenza di alcaloidi. L'infuso è per questo fortemente tossico e la sua azione è analoga a quella della coniina (Negri 1979). Nelle Indie Orientali L. phlegmaria L. e L. hygrometricum L. sono considerate afrodisiaci. Nelle Indie Occidentali L. cernuum L. è usata come diuretico e considerata specifica per il trattamento di certe forme di dissenteria. Diverse specie di Lycopodium producono un folto gruppo di alcaloidi, fra cui annotina, nicotina, lycoclavina, lycopodina e clavatossina (Willaman & Li 1970).
La seconda pianta riportata da Boiteau è nota con i nomi di riadiatra in lingua betsileo e di

maharaoka in lingua bara. E' usata per i suoi effetti psicoattivi soprattutto nel territorio dei Bara, nei dintorni di Betroka, Ivohibe e fin verso Beraketa.

La pianta è stata identificata dai botanici come Myrothamnus moschatus (Baillon) Niedenzu (sin.

Myosurandra moschata Baillon), della famiglia delle Myrothamnaceae. È una pianta suffrutescente che raggiunge l'altezza di 40-50 cm e allo stato fresco emana un forte odore balsamico gradevole. Cresce sulle rocce.

Boiteau riporta: «In questa regione dove accadono ogni anno dei violenti incendi delle praterie, anche la vegetazione delle rocce è spesso toccata dalle fiamme e si secca. È in questo stato che la
pianta viene raccolta e fumata. È meno aromatica che allo stato fresco, ma conserva tuttavia un odore caratteristico. L'ebbrezza provocata da questo Myrothamnus è considerata di tipo esilarante, che provoca, soprattutto al suo inizio, degli accessi di risa irrefrenabili. Ma colui che fuma la pianta abitualmente, non tarda a divenire taciturno, a isolarsi in un autismo sempre più forte, sino a poter raggiungere un aspetto schizofrenoide e a manifestare una irritazione anormale, che può degenerare poco a poco in temibili accessi di violenza» (Boiteau 1967). Nel Tanganika, il frutto della congenere M. flabellifolia Welw. - nota pianta medicinale usata in diverse regioni dell'Africa Boreale viene fumato assieme al tabacco o da solo come suo sostituto (Watt & Bre yer-Brandwijk
1962).
Ricordiamo che in Madagascar viene utilizzata da molto tempo anche la canapa indiana (Cannabis).
La presenza di questa pianta, chiamata in lingua malgascia rongony o, seguendo Louis Lewin (1981:142), vongony è registrata a partire dagli anni '20 di questo secolo, ma la sua introduzione nell'isola può facilmente risalire a molto tempo prima.
Bibliografia
BOITEAU P. 1967. "Sur deux plantes autochtones de Madagascar utilisées à la manière du Chanvre
comme stupéfiant" Comptes Rendus de l'Académie des Sciences, sér. D, 264: 41-42. LEWIN L. 1981 (1924). Phantastika. [3 vols.] Savelli, Milano.
NEGRI G. 1979 Nuovo erbario figurato. Hoepli, Milano.
RÄTSCH C. 1998. Enzyklopädie der psychoaktiven Pflanzen. AT Verlag, Aarau, Switzerland. WATT J.M. & M.G. BREYER-BRANDEIJK 1962 Medicinal and Poisonous Plants of Southern

and Eastern Africa. Livingstone, Edinburg & London.

WILLAMAN J.J. & H.L. LI 1970. Alkaloid-Bearing Plants and Their Contained Alkaloids. Lloydia
Suppl. vol. 33.

Azione generale

Questa sostanza agisce sul sistema neuro-vegetativo, dando luogo a debolezza fisica e logorìo e deterioramento dei tessuti.

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Agisce anche sul fegato e sull’apparato digerente in modo tale da provocare congestione epatica, costipazione, indigestione e grande accumulo di gas.

Encefalo e midollo spinale

Cefalea frontale con sensazione di pressione, specialmente dalla parte destra (la cefalea di Lachesis è dalla parte sinistra).

La cefalea peggiora dalle 4 alle 8 del pomeriggio.

Cefalea con sensazione di perssione alla sommità del capo (Cactus ha pulsazioni alla sommità del capo).

I capelli dei soggetti Lycopodium diventano grigi in giovane età. I capelli cadono. Calvizie.

Dolori brucianti fra le scapole. Dolori a livello lombo -sacrale. Crampi ai polpacci.

Dolori stra ppanti, stiranti alle membra. Irrigidimento e dolore delle articolazioni.

Sensazione come se una fascia gli stringesse il corpo intorno all’ombelico. Sensazione di avere una fascia stretta intorno alla testa.(anche Mercurius).

Sintomi mentali

Grande depressione, molto triste, scoraggiato e ansioso.

Ha dubbi sulla salute della sua anima (anche Sulfur e Veratrum). Debolezza di memoria, pensieri confusi.

Quando ha un disturbo digestivo, il paziente è nervoso, irritabile e scontroso; può

diventare irascibile se contraddetto.

A volte ha atteggiamenti dittatoriali.

Grande autostima (V. Belladonna, Cuprum, Platina e Veratrum).

Sonno

Assonnato durante il giorno, non riesce a dormire la notte, è angosciato.

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Grida e scalcia durante il sonno (V. Chamomilla e Antimonium crudum) ,il sonno non è

riposante.

Si sente scettico di mattina (V. Nux vomica).

Sintomi concomitanti Gonfiore e distensione dell’addome, con flatulenza. Frequenti eruttazioni, appetito capriccioso.

Grande fame , ma una piccola quantità di cibo gli da’ una sensazione di pienezza (V.

Chicona e Sepia).

Sedimento rosso nelle urine (V. Digitalis), peggioramento dalle 4 alle 8 della sera.

Sfera d’azione elettiva

Melanconia, accompagnata da dispepsia, flatulenza e costipazione.

Condizione maniacale sub acuta, con indigestione, epatite cronica, infiammazione con catarro della vescica e reumatismo cronico.

Disturbi mentali degli ultimi stadi della tisi,dimagrimento per malassorbimento, accompagnato da sudorazioni notturne.

ESSERE O NON ESSERE ?

Shakespeare. (1564-1616) è l'autore del personaggio Amleto, un personaggio imperioso e dominatore, ma inquieto e dubbioso,e con note psicoasteniche... tormentato dal desiderio di raggiungere un punto di stabilità e certezza nel suo equilibrio nel mondo, in accordo con le proprie inclinazioni e aspirazioni genuine ma rimane quasi sempre frustato nei propri ideali di giustizia e di perfezione.
Oscilla tra la brama di assoluto, che lo tormenta e lo prostra e la difficoltà di giudicare e di affrontare le cose del mondo come egli vorrebbe.
Irrequieto ed esplosivo, enigmatico e contorto, pervaso da sensibilità e timidezza, con scarsa fiducia
in sé, rimane in attesa dell’evolversi degli eventi reali e dell'altrui
iniziativa, sospeso nel vuoto del dubbio ma convinto di essere dalla parte del giusto.
In questa condizione di vigile attesa simile all’accartocciarsi di un riccio nel suo guscio di misantropia difensiva Amleto sembra voler cogliere proiettata nel comportamento altrui la propria sfuggevole realtà esistenziale, Ma qual è in effetti Amleto? "To be, or not to be ? that is the question...".
CHI E' LYCOPODIUM ?
Amleto è un personaggio della finzione teatrale, il malinconico eroe del dubbio. Lycopodium è un biotipo frequente tra noi, a volte noi stessi.
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È un personaggio reale nella salute e nella malattia, nella psicologia mentale ed emozionale: incarna il carattere psicologico di Amleto e spicca tra gli altri nella rassegna di biotipi o caratteri che popola l'arsenale dei rimedi omeopatici.
UN RIMEDIO MERAVIGLIOSO PER CHI SOFFRE L'ANSIA DEL DUBBIO
La sostanza del rimedio è una pianta perenne strisciante con rami eretti forcuti, foglie lanceolate e spore gialle che escono fuori da coni peduncolati alla estremità dei rami.
E’ diffusa nelle zone temperate, nelle brughiere, nei boschi di conifere e di faggi.
Viene raccolta e usata da tempo come erba sedativa, ad azione antibatterica, antipiretica, diuretica,
digestiva.
La pianta intera pianta viene utilizzata in medicina convenzionale per uso interno nei disturbi renali e urinari, nelle cistiti, nelle gastriti e, per uso esterno in caso di dermatiti e irritazione cutanea.
Nella medicina cinese cura l’artrite reumatoide e i traumatismi.
In omeopatia costituisce un rimedio ad ampio raggio psicologico e somatico.
Lycopodium è la risultante medicamentosa delle sperimentazioni patogenetiche sull'uomo sano in oltre due secoli in tutto il mondo.
Qualcuno trova nella persona sensibile a questa sostanza naturale delle sorprendenti analogie con il principe Amleto, il malinconico eroe del dubbio, protagonista del teatro di Shakespeare.
Guarire è vivere completamente l'evoluzione ottimale della propria personalità
LA TRAGEDIA DI AMLETO UN ANIMO NOBILE
La figura di Amleto, anche nelle più recenti interpretazioni, è quella di un uomo dal cuore nobile e dignitoso, che vive sospeso sugli abissi del bene e del male, pervaso e sorretto da un energico bisogno di agire e di trionfare sulle ingiustizie del regno e della vita stessa.
Animo orgoglioso, irrequieto ed esplosivo, emotivo e sentimentalmente affettuoso, ha bisogno di amore tenero e passionale, gentile ed erotico, e che poggi veramente su certezze affettive valide moralmente e legate a valori supremi.
La sua passione per Ofelia, che lo ricambia teneramente, verrà infranta dagli eventi convulsi di un dramma familiare snaturato ed emblematico.
LA FINTA PAZZIA
Amleto si finge pazzo per ritardare nel tempo una sua decisione irrinunciabile, assunta e giurata: la vendetta contro i colpevoli di avere assassinato il padre Amleto, Re di Danimarca, ucciso per mano del fratello Claudio, complice la propria madre Geltrude, adultera dell’usurpatore del trono e ora entrambi Reali di Danimarca.
Questo procrastinare di giorno in giorno la vendetta- giustizia è apparentemente inspiegabile.
Amleto no n ha alcuna ragione a lui esterna per farlo; non il desiderio di essere certo della colpa del re, né l’impossibilità di avvicinarlo, né quella di ucciderlo o prepararne la morte.
In realtà sta cercando di trovare in sé una forza morale assoluta e conciliatrice che gli permetta di
ripristinare la giustizia violata. Non può trovarla!
E’ ben consapevole che egli pure dovrà violarla questa santa giustizia, per finire violentemente coinvolto nella medesima colpa degli assassini, pur nella sua estrema tensione di sollevarsi su un piano di certezza etica.
IL TARLO DEL PENSIERO
La volontà di Amleto appare rosa dal tarlo del pensiero contingente, enigmatico e contorto.
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Non riesce a trovare una giustificazione morale dell’atto di giustizia impostogli dallo spettro paterno apparsogli in ferrea armatura di guerra, sconvolto terribilmente perché condannato alle pene dell’oltretomba, essendo morto in peccato per i suoi delitti quando fu assassinato.
SPETTRO atto II :

“ Io sono lo spettro di tuo padre, condannato a passeggiare di notte

e a digiunare in mezzo al fuoco, di giorno,

finché non saranno purgati e bruciati

i delitti compiuti nei miei giorni terrestri.

………………………Ascoltami, dunque!

Se hai amato mai tuo padre……………. Vendica il suo orribile e snaturato assassinio.

LA GIUSTIZIA DELUSA
Amleto fallisce perché la giustizia che vorrebbe instaurare non è in realtà che una vendetta.
Sussiste in lui un’ambivalenza fra la decisione di fare giustizia dell’assassinio paterno e la chiara consapevolezza della necessità di doversi battersi a denti stretti contro il mondo, usando le armi stesse del mondo: malizia, cattiveria, prevaricazione, presunzione, insolenza, avidità, avarizia, adulazione, vigliaccheria, odio, vendetta, simulazione e dissimulazione.
Si conferma così il significato del monologo di Amleto nell’atto III della tragedia.

“ Essere o non essere… E’ il problema. Se sia meglio per l’anima soffrire oltraggi di fortuna, sassi e dardi,

o prender l’armi contro questi guai

e opporvisi e distruggerli. Morire, dormire… nulla più. E dirsi così

con un sonno che noi mettiamo fine al crepacuore ed alle mille ingiurie naturali, retaggio della carne!… Questa è la consunzione da invocare devotamente. Morire, dormire; sognar forse…

IL SOGNO DELL’IDEALE
Ma Amleto non fallirà nel suo ideale di giustizia e di perfezione morale, perché il suo dramma
personale interiore si viene amplificato nell'arte per ascendere a un dramma tragico dell' intera umanità
Shakespeare, in Amleto, ha saputo darci l’espressione dell’evolversi nei minimi particolari di un amore della vita che è al tempo stesso un rifiuto della vita nella sua concretezza deteriore.
Il sogno dell’ideale e il battersi per il trionfo può strappare la coscienza umana, come il suicidio, al
tumulto della vita mo rtale, ai malanni e alle frustate dei tempi, all’oppressione dei tiranni, alle contumelie dell’orgoglio, agli aculei dell’amore disprezzato, al ritardare colpevole della legge di fronte al delitto, all’arroganza che viene dall’alto, alla derisione degl’ind egni.
Amleto non crede nell’azione violenta per ottenere giustizia nel mondo, ma obbedisce alle circostanze che gli impongono la vendetta, anche se alle sue parole non seguono mai le azioni che le
stesse parole sembrano annunciare.
Le sue parole lasciano nell’aria il sapore dell’incertezza e la magia fantasmagorica dell’irreale.
L’incertezza domina ovunque. Pesa anche sulla sorte dell’uomo nell’aldilà, paese dal quale mai nessuno è tornato e il cui solo pensiero provoca angoscia e confusione della volontà, disperazione e al tempo stesso pace del nulla eterno.
L’AMORE PER OFELIA
L’altra via ideale alla salvezza per Amleto, l’amore poetico per la bella Ofelia, era destinata dall’intrigo macchinoso e tragico degli eventi precipitosi ad essergli del tutto preclusa.
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Amleto era entrato nel cuore di Ofelia sul soffio di dolci parole poetiche, alle quali la fanciulla aveva creduto. Ofelia non scopre la causa della pazzia di Amleto, la cui simulazione è perfetta. Nessuno a Corte intuisce la verità ed entra nel gioco reale delle precise immagini di sé create da Amleto attraverso la messinscena per poter vendicare il padre e che si muove da sola.
Polonio, padre di Ofelia, è sicuro che Amleto sia impazzito perché la figlia, secondo i suoi ordini di
padre geloso l’ha tenuto lontano da sé. Mentre Geltrude, sposa traditrice e madre di Amleto, è
convinta che la trasformazione del figlio sia la conseguenza della morte del padre.
L’amore di Amleto per Ofelia sfuma nell’avversione sarcastica contro le donne, corroso e corrotto
dal dubbio e dal disgusto carnale per ogni donna, subentrato in lui dopo la vergognosa condotta materna. Fondamentale è la scena madre nell’atto III, nella quale Ofelia restituisce ad Amleto i suoi regali, pegno dell’amore di un tempo, cui Ofelia aveva creduto.
La morte di Ofelia annegata? impazzita? suicida? assassinata? in tutta la tragedia domina il dubbio confermerà il fallimento, per Amleto, dell’unica possibilità di un amore totale, sublime ed erotico al tempo stesso, e sarà un sintomo ancora dell’ambiguità del suo spirito.
NELL’ATTO III, OFELIA RESTITUISCE AD AMLETO I SUOI REGALI, PEGNO DELL’AMORE DI UN TEMPO, CUI OFELIA AVEVA CREDUTO.
NELLA TRADUZIONE DI MONTALE

Ofelia: “Lo sapete bene, mio onorato signore;

e insieme con essi un soffio di dolci parole,

che li rendevano più preziosi. Svanito quel loro profumo,riprendeteli pure. Per un animo nobile,

i doni ricchi si fanno poveri quando i donatori

si mostrano crudeli. Ecco li mio signore”. Amleto: Ah! ah! Voi siete onesta?

Ofelia: Mio signore? Amleto: Siete bella?

Ofelia: Che cosa vuol dire Vostro Onore?

Amleto: Che se voi siete onesta e bella, la vostra onestà non dovrebbe permettervi discorsi con la vostra bellezza.

Ofelia: Ci potrebbe essere migliore rapporto di quello fra la bellezza e l’onestà?

Amleto: Certo: perché la bellezza farà dell’onestà una ruffiana, piuttosto che avvenga il contrario, che la bellezza possa indurre l’altra a somigliarle:

pareva un paradosso, una volta, ma ora i fatti

lo provano. Io vi amavo un tempo.

Ofelia: In verità, mio signore, me l’avete fatto

credere.

Amleto: Non avreste dovuto crederlo. La virtù

non può innestarsi nel vostro vecchio ceppo

fino al punto che questo dimentichi le sue inclinazioni.

Io non vi amavo”.

Ofelia: “Fui dunque tanto più ingannata…”.

Amleto: “ Chiuditi in un convento: vorresti diventare un’allevatrice di peccatori?

Anch’io sono onesto presso a poco eppure

potrei accusarmi di cose tali che mia madre avrebbe fatto meglio a non mettermi al mondo. Sono orgoglioso, vendicativo, ambizioso; ho più peccati sottomano che pensieri in cui versarli per dar loro forma o tempo per compierli.

Perché gente come me deve starsene qui a

strisciare tra cielo e terra?

Siamo tutti dei furboni: non prestare fede a nessuno.

Va, vattene in un convento. Dov’è tuo padre? Ofelia: A casa, mio signore.

Amleto: Procura che le porte sia ben chiuse su di lui e che non possa fare lo stupido altro che in casa sua. Addio

Ofelia: Aiutatelo, cieli!

Amleto: Se ti sposi, ti do in dote questa peste:

sii pur casta come il ghiaccio, pura come la neve, non sfuggirai alla calunnia.

Va, va. O se proprio vuoi sposarti, sposa un

gonzo, perché gli uomini che capiscono sanno bene che mostri fate di loro.

Va dunque, nasconditi in un convento e presto, anche! Addio.

Ofelia: Guaritelo voi, potenze del Cielo!

Amleto: Li conosco i vostri cosmetici, li conosco.

Dio vi ha dato un viso e voi ve ne fate un altro; voi ballate, saltabeccate, balbettate

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leziosamente, per immiserire le creature di

Dio e siete tutte sfrontatezza e ignoranza.

Va, ne ho abbastanza! M’avete fatto impazzire!

Non vi saranno più matrimoni; quelli che si

sono già sposati vivano pure, meno uno; gli altri stiano pure come sono e tu va, chiuditi in un convento”.

Esce di scena.

Ofelia: Oh il nobile spirito che va in rovina!

Occhio, lingua e spada di cortigiano, di soldato, di dotto; la speranza e il fiore del nostro regno;

lo specchio della moda e il modello delle forme,

segnato a dito da tanti ammiratori, ormai caduto, finito! Ed io la più infelice e derelitta delle fidanzate, io, che ho succhiato il miele delle sue flautate cortesie devo vedere quella sua mente sovrana dare un suono stridulo e stonato di campana guasta, quella ineguagliabile figura fiorente di giovinezza così sconvolta dal delirio.

Oh, me sciagurata, per ciò che ho v eduto, per ciò che mi tocca vedere!

Entra il Re di Danimarca e zio del principe

Amleto insieme a Polonio, lord Ciambellano.

RE: L'amore? Non è da quella parte che punta.

E le sue, benché squinternate, non erano parole da pazzo. C'è qualcosa in lui, ch'egli sta covando con la sua malinconia; e temo forte che sia una pericolosa covata. A ogni buon conto la mia decisione è presa: lo manderò in Inghilterra per reclamare quel nostro vecchio tributo. Può darsi

che il viaggio e la varietà dei nuovi paesi

riescano a guarirlo dalla fissazione nella quale,

mutato e irriconoscibile com'è, batte e ribatte di continuo. Che ne dite?

Polonio: Certo, servirà; continuo a credere,

tuttavia, che la causa del suo contegno debba ricercarsi in un dispiacere d’amore…

Lycopodium, personaggio della realtà

Si parla di Lycopodium come di un egotista eccellente, di un altezzoso rigido e pretenzioso, di un dittatore autoritario e dispotico, di un dogmatico intollerante, di un ateo insensibile.
Si sussurra in giro di lui che è avaro, fanfarone, spaccone, vigliacco, adulatore, bestemmiatore, sprezzante, ipocondriaco, collerico, isterico, maniaco rabbioso, irritabile, malizioso, insolente, dispettoso, vendicativo, sospettoso, diffidente, collerico, provocatore, e così via.
Ma si dice anche di lui che è una persona affettuosa, amorosa, erotica; curiosa di sapere, avida di conoscere; allegra, gaia, gioioso. Molto sensibile, religiosa fino a turbarsi la mente.
Una persona che conosce la sofferenza, ansiosa, paurosa; triste, depressa, disperata. Ma qual è in effetti Lycopodium? To be, or not to be that is the question.
ORGOGLIO, UMORE E TENEREZZA
L’orgoglio di Lycopodium può apparire sprezzante, rigido e altezzoso, assoluto. Dipende dal punto
di vista contingente dal quale lo si osserva e lo si fotografa nell’evento. Di fatto, il suo orgoglio si accentua e rende il personaggio intollerante a ogni contraddizione.
L’umore è alquanto suscettibile, specialmente al risveglio, momento critico che gli squarcia con
mano pesante la vista su un mondo brutale, il peggiore dei mondi possibile, trappola di inganni brutali, ipocrita, dove l’onesta parola data diventa ruffiana del profitto.
Lycopodium è irritato, collerico a fior di pelle, incattivito, anche meschino per futilità che ai suoi occhi assumono una importanza di principio comportamentale a lui ostile. Possiede idee sue, precise, spesso opinioni opposte a quelle del suo entourage di collaboratori..
L’ipocondria lo accompagna dal primo mattino, sospettosa, diffidente sul filo del rasoio. Ma nel suo profondo Lycopodium nasconde gelosamente un animo ipersensibile ed emotivo, sentimentale e affettuoso, grande e generoso, mimetizzato dall’umore instabile, cangiante.
Per aprirsi alla confidenza estrema, ha bisogno di sentirsi amato e apprezzato, compreso nei suoi desideri celati e dalla timidezza, essendo avvezzo a tacere o a imporsi comandando.
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Vive bene adagiandosi su certezze affettive, teneramente premurose e discrete, disinteressate. Nel suo guscio sicuro l’avversione misantropa alla compagnia diventa desiderio di compagnia. L’umore si fa tenero, Lycopodium piange alla minima gioia; in particolare, incontrando un vecchio amico o, cosa ancora più notevole, se lo si ringrazia per un favore ottenuto da lui.
RAPPORTO TRA L’ESSERE E IL FARE
Lycopodium ha un problema fondamentale da risolvere, sempre presente sul tavolo delle pratiche quotidiane da sbrigare. É costituito dal rapporto incongruo fra “l’essere” e il “fare”: fra le cose ideali che cova dentro di sé belle, meravigliose, preziose e le cose reali che può concretizzare nel mondo avido, malizioso, adulatore, spaccone, codardo e vendicativo…
L’emotività gli è fertile di passione stenica. Si focalizza su un numero ristretto di valori ideali.
Poggia sul bisogno di agire e di dominare, su una impazienza ipercritica e illiberale. L’intelligenza sintetica, concettuale e astratta, possiede capacità di creare attraverso l’azione. La reattività alle emozioni è differenziata, con azioni decise rapide e azioni nel tempo.
Ma per “fare”, per realizzarsi nel concreto e per vincere, Lycopodium deve mettere in pratica la legge arrogante del mondo, l’altalenare della foresta, l’uomo che si fa lupo all’uomo. Per
sopravvivere agli oltraggi di fortuna e dominare nel tumulto deve battersi. Non può subire le contumelie dell’orgoglio altrui che piove dall’altro, né l’indegnità che monta lubrica dal basso, nel tumulto della vita mortale che nulla regala al debole e all’inconcludente.
SCRUPOLOSITÀ E RANCORE
Lycopodium ha un sentimento elevato delle sue capacità e del proprio valore. Ciò lo porta a scegliere e perseverare lungo vie difficili, meglio se non percorse da altri.
È coscienzioso e anche scrupoloso, legato al dovere da quando era bambino, quando si faceva della bile, come sottolinea Kent, se non riusciva a portare a termine i suoi compiti e le lezioni. Scrupoli ed esagerazione delle responsabilità possono ora bloccarlo nell’impotenza. Ma non accetta la sconfitta, lo scacco matto subìto. Tanto meno l’ingratitudine, la malafede.
Ipocondriaco e rancoroso, contesta tutto con una mentalità pignolesca che non è cambiata dai tempi
dell’infanzia. Ora, può essere preso dal desiderio di uccidere usando una lama tagliente. Ostile all’ipocrisia, avversa il matrimonio e disprezza le donne estranee alla sua psicologia. Eccitato sessualmente, alterna con scrupoli religiosi e morali l’eccessiva libidine.
Il rancore non tace e si sfoga di notte urlando durante il sonno.
MELANCONIA
La melanconia, sentimento generico, anche in Lycopodium si esprime come tono dell’umore alterato, approdando a immotivata tristezza. Ma può accompagnarsi a tetraggine irascibile, esitando
in misantropia cupa, unita a sfiducia in sé, a mancanza di carattere: un atteggiamento che fa a pugni con il Lycopodium egotista, ricco di autostima, altezzoso e pretenzioso.
La sua malinconia può esprimersi con noia e tedio; con ripugnanza e disgusto per la vita, specialmente al mattino; anche con desiderio di morire o pensieri ansiosi di natura religiosa. Ma non
è accentuata da esagerazione delle proprie preoccupazioni, né da tensione suicida, e tanto meno da
sentimenti di colpa sproporzionati o da dolore morale eccessivo.
AMBIVALENZA AFFETTIVA
Una delle caratteristiche più interessanti di Lycopodium è l’ambivalenza: due aspetti bifronti e contrastanti, non necessariamente in opposizione tra loro, ma che possono mettere in difficoltà chi
si propone di situare con precisione la collocazione caratteriologica del personaggio.
Di Lycopodium conosciamo l’intelligenza viva, la molteplicità delle idee, la memoria attiva e la
lucidità mentale. Ma anche l’avversione a pensare e la poca voglia di rispondere.
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Che sia socievole, che abbia paura di restare solo e che desideri compagnia non si può negare. Ma ha orrore delle gente, antropofobia, paura di apparire in pubblico o di esibirsi. Prova avversione verso le donne, ma non ne può fare a meno, innamorato, affettuoso, erotico.
Forse il suo ideale è di restarsene solo, ma di ascoltare nella stanza accanto la presenza di una donna bella e gentile, su cui fantasticare a lungo, ipersensibile al suon di lei, presente e viva, tenera e sensuale al tempo stesso, e tale da offrire amore costante, ma senza crucci o fastidi
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